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Piazza Bentivoglio
Su Piazza Bentivoglio si affacciano il Palazzo omonimo, la collegiata di Santa Maria Della Neve e la Torre Civica. La piazza é un perfetto quadrato di cento metri di lato, coronato per tre lati da ariosi portici movimentati da 69 arcate. Il complesso presenta sia elementi del tardomanierismo emiliano-romagnolo.

Il Palazzo Bentivoglio
Fu eretto tra il 1594 e il 1600 da Ippolito, che vi inglobò la "Casa Vecchia" del padre Cornelio. In origine l'edificio era costituito da quattro facciate in cotto lunghe 90 metri, uguali a quelle visibili oggi. Negli angoli della pianta quadrangolare si innalzavano quattro torri; si pensava che il palazzo potesse essere circondato da un fossato, ma la pavimentazione originaria della piazza, formata da mattoni posti di costa a spina di pesce e visibile in uno scavo nel giardino antistante il palazzo, smentisce questa ipotesi. Nel 1751 il Palazzo fu acquistato dal Comune di Gualtieri che ne demolì la metà recuperando dei mattoni utilizzati per rinforzare gli argini del Po. Nel 1765 ci fu una disastrosa pina, così un'altra nel 1951. La distruzione dei porticati del cortile ha compromesso la stabilità del delizioso Teatro settecentesco di stile barocco (opera di G. B. Fattori, 1742-1790). Nel 1905 il vecchio teatro in legno fu distrutto da un incendio così fu sostituito con uno più moderno in ghisa. L'interno è a tre ordini di palchi e ha mantenuto una buona acustica.  Al piano terra del palazzo si trova la Sala dei Falegnami, utilizzata in passato da artigiani del legno, ora adibita a spazio espositivo e sala conferenze. Al piano superiore troviamo Il Salone dei Giganti, la Sala dell'Eneide, la Sala di Icaro, la Sala di Giove e la Cappella Gentilizia.

Il Salone dei Giganti
E' la sala più rappresentativa del palazzo. Se ora vi si accede attraverso due ingressi nella parete a sud, originariamente l'ingresso era posto a est dove ora la porta è tamponata e come si può notare dalle decorazioni. Il ciclo di affreschi è suddiviso in tre fasce pittoriche. Subito sotto al soffitto corre una decorazione a dentello, da un cornicione e un fregio che  inquadra una serie di figure allegoriche a monocromo racchiuse entro cornici ad angoli rilevati che alludono alle virtù, alla magnificenza, alle arti e alla cultura del marchese. La seconda fascia pittorica inquadra alcuni episodi tratti dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, posti all'interno di cornici, dipinte a monocromi nei colori verde, viola, ocra – giallo e amaranto, intervallate da figure di ignudi con funzione di telamoni che sporgono in posizioni differenti da un finto cornicione. Nella restante fascia pittorica sono illustrati altri episodi del poema, più ampi dei precedenti negli scomparti e che recano nella cornice sovrastante una targa che doveva contenere gli argomenti affrescati. Su queste ultime scene, nelle tre pareti nord, est e sud del salone, sembrano sovrapporsi con effetto tromp – l'oeil, grandi quadri con cornici dorate, che dovevano rappresentare i fasti della famiglia Bentivoglio. I principali artisti che curarono queste decorazioni furono  Pier Francesco Battistelli della scuola del Guercino e Giovanni Mannozzi di S. Giovanni d'Arezzo (1628).

Sala dell'Eneide
È l'attuale sala d'ingresso al piano nobile, primo piano.
Il fregio, raccordato al perduto soffitto da una finta cornice a modiglioni e scandito da mensole con figure di putti, è composto da sedici riquadri, quattro scene per parete, di cui le due laterali a monocromo viola e le laterali a monocromo ocra – giallo. Delle sedici scene originarie del fregio due sono andate perdute a causa dell'apertura delle finestre e quattro presentano solo deboli tracce di pittura o frammenti del disegno inciso. Da una ricognizione del fregio si evince che il soggetto è tratto dal libro VII al XII dell'Eneide. La presenza di un ciclo dedicato al pio Enea appare perfettamente consona a questa sala che fa da anticamera alla cappella privata e precede le storie romane delle altre due sale, ma al contempo può essere posta in relazione al perduto ma documentato ciclo dedicato all'Orlando e naturalmente alla Gerusalemme dipinta nel salone.

Sala di Giove
Il ciclo della storia della Fondazione di Roma, i cui temi iconografici sono probabilmente desunti da un'edizione illustrata di Tito Livio si articola nel fregio entro riquadri, tre per lato, a monocromo verde-grigio e ocra alternati, separati da finti mensoloni con coppie di cariatidi, festoni e mascheroni in monocromo grigio. Le scene  si susseguono secondo un ordine cronologico preciso, in alcuni casi in relazione alle figure del soffitto.  
Un cornicione ligneo a dentelli raccorda il fregio al soffitto, scandito da cassettoni in legno a forma geometrica, decorati a girali di vite. Al centro un grande ottagono si riparte in altri quattro ottagoni e quattro quadrati, sotto i quali si formano quattro trapezi. Il repertorio iconografico iscritto negli sfondati a trapezio, in monocromo rosso, raffigura le Storie di Ercole, che fanno da raccordo e da commento allegorico agli ottagoni in cui è sviluppato il tema principale che dà il nome alla sala, e da cui è possibile scorgere un'allegoria del potere del signore. Le scene sono state dipinte da Sisto Rosa detto il Badalocchio, tra il 1609 e il 1610. 

Sala di Icaro
La storia dei re di Roma si conclude con dodici scene, tre per parete, su vicende relative ai regni di Tullio Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. I riquadri, a monocromi viola e ocra – giallo alternati, sono separati da mensole con festoni e coppie di putti incornicianti imprese. Del soffitto sono superstiti, a parte i putti angolari, solo tre esagoni molto rovinati. Il Badalocchio opera anche in questa stanza tra il 1609 e il 1610.

La cappella gentilizia
La data di costruzione é sconosciuta; sono state rintracciate però le bolle, papale e vescovile, del 1610, con le quali se ne autorizzava la consacrazione.
E' un piccolo ambiente a fianco della stanza di Icaro con il soffitto a volta, al centro del quale si trova un affresco che rappresenta l'Assunzione in cielo della Vergine.
E' ricca di stucchi raffiguranti puttini seduti o in piedi, volute, racemi, festoni, faccine di angioletti. Nella decorazione pittorica si possono notare l'influsso della scuola ferrarese tardo-manieristica e quello della più moderna scuola bolognese. Emerge anche qualche accenno di cromatismo veneto, forse di ispirazione mantovana.

La Collegiata di S. Maria della Neve
La Chiesa sorse vome cappella gentilizia già prima del 1585 e  dal 1599 al 1600  furono realizzate la facciata e la pianta basilicale su disegno di G.C. Aleotti per opera dell'Ing. Vacca. Una delle due facciate si integra col porticato della piazza, l'altra sotto al porticato. La prima presenta paraste addossate alla parete architravata in due diversi ordini e un'arcata centrale che dà accesso all'entrata più interna; il tutto è sormontato da un frontone triangolare  un bassorilievo della Madonna, Gesù Bambino e gli angeli. Il frontone è a sua volta sovrastato da cinque acroteri, quattro laterali e uno centrale, aggiunti successivamente per risolvere un problema di statica. L'entrata vera e propria che dà accesso alla navata centrale è fiancheggiata da ambo i lati da due entrate laterali che ricordano la pianta ottagonale. La navata ad aula terminante nell'altare rialzato ha sei  cappelle laterali con sei pale d'altare. La più significativa è la Cappella a sinistra presso il presbiterio, aggiunta nel 1660, dove si trova la pala  l'Annunciazione del Bononi dipinta nel 1610 . Il soffitto si presenta in volte a botte e a vela.

La Torre Civica
Situata nel lato ovest, la torre civica alta 44 metri, si innalza incastonata tra i portici che, ininterrotti, ornano i tre lati della piazza. A pianta quadrangolare, è stata costruita tra il 1599 e il 1602 e ricostruita dopo il 1750. L'intera struttura è sorretta da un arco a tutto sesto che dà accesso a via Vittorio Emanuele II. La torre è costituita da tre piani digradanti verso l'alto: il primo ordine è composto dallo stile dorico, nel secondo ordine tra due coppie di lesene con capitello ionico, si trova l'antico orologio affacciato sulla piazza, nel terzo ordine corinzio si trova un a profilatura arcata. Il quarto ordine è un lucernario ottagonale sormontato da un tamburo cilindrico, coperto da una cupoletta e da una bandierina segnavento.  Sul lato sud della torre è stato recentemente restaurato un antico orologio solare.
Lungo Via Vittorio Emanuele II incontriamo sulla sinistra Villa Torello – Malaspina – Guarienti, sulla destra la Chiesa della Confraternita dell'Immacolata Concezione, poi l'ospedale Felice Carri, Piazza Felice Cavallotti (già Piazza Nuova) col Pozzo Comunale e la Chiesa di Sant'Andrea.

Villa Torello – Malaspina – Guarienti
Nell'area in cui si trova la villa sono stati rinvenuti consistenti reperti di epoca romana.
Il nucleo originario è probabilmente identificabile con l'antico castello del vescovo di Parma, ricordato in un documento del 1388. Passò ai Torello nel XVI secolo. La villa si presentava allora a pianta rettangolare e a due piani. Passata dopo il 1835 ai Malaspina e poi ai Guarienti, attuali proprietari, subì un rifacimento nel 1840: fu aggiunto un piano e la pianta fu trasformata a forma di "L". Le due ali furono uniformate in un'unica facciata con un corpo centrale asimmetrico leggermente sporgente, coronato da un timpano triangolare, che sormonta una finestra a semicerchio e un avancorpo a loggiato su colonne doriche. Le facciate sono in chiaro stilo neoclassico come il trattamento dell'intonaco bugnato liscio, l'elisione delle basi nelle colonne e l'uso della finestra termale.
Il progetto del giardino, stilato secondo i canoni romantici, rappresenta uno dei più interessanti esempi progettuali di giardino pittoresco all'inglese nel reggiano. Per gentile concessione della famiglia Guarienti in estate si tiene nel giardino un importante concerto.

Chiesa dell'Immacolata Concezione
La costruzione di questa chiesa, posta in uno spazio arretrato rispetto alla contrada, fu affidata alla direzione dell'ing. Vacca agli inizi del XVII secolo. La sua posizione, perfettamente in asse con Villa Torello – Malaspina - Guarienti, mira a istituire una relazione visiva tra i due edifici, un cono ottico amplificato dall'arretramento della chiesa sulla via principale, e prelude ad un tipo di spazialità molto simile a quella realizzata per Piazza Bentivoglio, il cui sistema viario è perfettamente ortogonale a quello della Concezione.
La chiesa servì per le funzioni religiose della Confraternita sorta a Gualtieri già nel 1547. Un tempo era denominata Casa dello Scolaro, in quanto nella costruzione a fianco vi furono le scuole rette dalla Confraternita. L'oratorio era costituito da un'unica area rettangolare a cui fu aggiunta l'abside nel 1634, coperta da un soffitto piano a doghe di legno pregevolmente dipinto, nel quale è raffigurata l'Assunzione della Vergine sorretta da angeli inserito in uno sfondato architettonico con colonne ioniche, contornate da una balaustra e da una fastosa decorazione.
L'attuale aspetto interno della chiesa deriva probabilmente dai lavori compiuti in seguito all'ampliamento delle cappelle laterali, nel 1791.

Ospedale Felice Carri
L'ospedale, oggi casa protetta per anziani, è intitolato al benefattore Felice Carri, che ne progettò l'istituzione nel 1781. Sorse in un'area già destinata a Convento dell'ordine Francescano Minore Osservante, detto degli "Zoccolanti". L'insediamento dei frati, fortemente voluto da Ippolito Bentivoglio, avvenne nel 1616, non appena completata la costruzione della prima ala del convento, oggi occupata dalla casa protetta. Ma la fondazione ufficiale del convento è datata 1512, parallelamente all'erezione della collegiata. Il convento da principio contava soltanto otto frati, il che non impedì nel 1713 di realizzare un grande intervento di restauro della Chiesa conventuale. Il convento fu soppresso per ordine ducale nel 1786, e i suoi religiosi annessi a quello di San Nicolò di Carpi. Chiesa e Convento passarono così dall'Opera Pia Generale Modenese alla Confraternita della Concezione, il cui priore era il gualtierese colonnello Felice Carri, che scorporò il convento dalla chiesa e lo acquistò, trasformandolo a proprie spese in ospedale.
Qui morì, nel 1965, dopo avervi passato gli ultimi anni in malattia, quello che è forse oggi il più famoso cittadino gualtierese, l'artista Antonio Ligabue.

Piazza Felice Cavallotti (già Piazza Nuova)
Proseguendo per via Vittorio Emanuele II si apre la lunga Piazza Felice Cavallotti, a forma triangolare, scandita da strette case a schiera di impianto medioevale e rinascimentale, probabilmente adibite in passato ad uso di foresteria del vicino Convento. La piazza ospita la chiesa di S.Andrea e il Pozzo, rifacimento del più antico.

Chiesa di Sant'Andrea
Eretta nel IX sec. come semplice cappella, nel XII divenne chiesa parrocchiale, servendo anche per le adunanze della comunità gualtierese. Qui, nel 1547, sorse la Confraternita della Concezione, quasi immediatamente trasferita nel nuovo oratorio. Cornelio Bentivoglio (eletto qui dal popolo gualtierese a nuovo signore) fece erigere il campanile e restaurò il complesso. Ippolito Bentivoglio decretò l'elezione a parrocchia della vicina Chiesa di S. Maria della Neve, affidando nel 1612 S.Andrea ai frati francescani, che la ricostruirono completamente tra il 1713 e il 1738. Questi restauri trasformarono l'edificio originario gotico, di pianta basilicale, nell'odierno tempio a pianta centrale. La pianta è ottagonale, e la struttura planimetrica riprende la forma della croce su cui fu martirizzato il santo a cui è dedicata la Chiesa. Le due cantorie ai lati del coro (che si trova nella cappella maggiore) sono probabilmente successive. Nel 1765 furono rifatti il coro e il presbiterio, pregevole e molto profondo, con l'altare maggiore e la balaustra in stucco, opera di decoratori di Casalgrande; nel 1916 fu rifatta la pavimentazione.
L'esterno presenta una facciata semplice con frontone mistilineo: non fu mai completato, e la struttura delle finestre fa supporre che diversa dovesse essere l'illuminazione nell'idea originaria. Il campanile è precedente (1571), e la sua struttura sproporzionata rispetto alla chiesa è relazionabile alla concezione dell'edificio precedente.
Quasi tutte le opere custodite all'interno risalgono al XVIII secolo, eccetto la statua della Madonna di Loreto (del XV°) ed una tela raffigurante Sant'Ignazio di Loyola e S.Filippo Neri in adorazione della Croce (metà XVII°).
Si trova qui, senza alcun segno di riconoscimento, la tomba di fra Ludovico Grossi, detto il Viadana, fondatore della musica sacra moderna, che vi venne sepolto nel 1627 dopo aver passato i suoi ultimi anni nell'annesso convento.

Il Pozzo di Piazza Nuova
Nel 1765 vi fu una devastante alluvione. Il Duca di Modena impose la chiusura di tutti i pozzi privati per evitare infiltrazioni capillari di acqua sorgiva del Po nell'abitato.
Per sopperire alle necessità degli abitanti della piazza il Comune fece erigere un pozzo pubblico, completato intorno al 1776, e realizzato su progetto di Giovan Battista Fattori in forma di elegante tempietto rinascimentale, al centro della piazza. La base del pozzo è quadrangolare e ad ogni angolo sono presenti due colonne; sopra il cornicione da esse sostenuto si innalza armoniosa una cuspide. Dopo aver subito una parziale demolizione intorno agli anni '50 che ne lasciò in piedi solamente il tronco è stato recentemente recuperato alla sua forma originaria.

Nella frazione Pieve Saliceto si erge la Chiesa della SS.ma Vergine delle Grazie.
La chiesa di Pieve Saliceto (SS.ma Annunziata)
L'edificio originario, posto più ad occidente, subì frequenti piene del Po, che ne compromisero gravemente la stabilità.
Ne venne costruito uno nuovo fra il 1653 e il 1670.
La facciata, suddivisa orizzontalmente da un cornicione, è a due ordini sovrapposti: dorico e ionico, ed è raccordata da due semplici volute ai lati. E' completata alla sommità da un timpano che racchiude un orologio (inserito nel 1914) su cui poggiano tre acroteri a forma piramidale. Il campanile, in stile romanico, è alto 29 metri.
L'interno della chiesa è ad una navata con sei cappelle laterali. La volta è stata interamente restaurata tra il 1914 e il 1915, come gran parte del tempio. Le decorazioni in tempera a secco che la ricoprono, allungandosi in parte anche nelle volte delle cappelle non decorate risalgono a questi interventi. Da notarsi gli stucchi secenteschi del Ferraboschi, soprattutto quelli del portale e dell'ancona dell'altare della Beata Vergine delle Grazie, e gli stalli in noce del coro (1677). Il fonte battesimale in marmo rosso (1670) è in realtà un'acquasantiera e, probabilmente fino alla fine del XIX secolo, il battesimo si amministrò qui per immersione in una vasca oggi scomparsa. Pregevoli anche l'elegante cantoria lignea nella parte superiore della controfacciata (1879) e l'organo ottocentesco di 700 canne.
La chiesa era posta in mezzo al cimitero, ora situato solo nella parte retrostante, all'interno di mura, abbattute il secolo scorso e sostituite dalle attuali colonnette in marmo provenienti dalla piazza di Gualtieri.
Uscendo da Gualtieri in direzione Reggio Emilia, a due chilometri circa sulla sinistra si può prendere strada G. Matteotti e giungere in località Torrioni.
Addossata all'argine sinistro del torrente Crostolo sorge una vecchia casa coeva alle botti fatte costruire da Cornelio Bentivoglio per la Bonificazione dei territori della bassa, che sono tutt'ora in funzione.

La Bonifica Bentivoglio
Molti avvenimenti caratterizzarono il sorgere delle prime opere di bonifica a Gualtieri. Un progetto di bonifica si delineò già agli inizi del '500 grazie a Pellegrino De Micheli, fattore di Ferrante Gonzaga, che progettò una serie di interventi di base, ripresi ed attuati in seguito da Cornelio Bentivoglio il quale, grazie a potenti appoggi personali ed a grandi capacità diplomatiche, riuscì a coinvolgere i duchi di Ferrara, di Mantova e di Parma, oltre ai principati di Guastalla, Novellara e Correggio e alle comunità confinanti.
Il principale intervento fu quello di regolare la situazione idrica precaria delle zone sottoposte a frequenti alluvioni mediante l'incanalamento del Crostolo al Po, la costruzione di una Botte (1576) per far passare sotto il Crostolo le acque di Brescello, Castelnuovo e Gualtieri e, attraverso il Cavo Fiuma, dirigerle verso il Guastallese e la sistemazione dell'argine destro dell'Enza fino al Po. La Bonifica fu collaudata nel 1585 da Cornelio. Il figlio Ippolito completò l'impresa costruendo in località Camporaniero una nuova Parrocchiale, segno tangibile della redenzione di questo territorio (la dedicazione della chiesa a Santa Vittoria si estenderà ad indicare la località solo in un secondo tempo).
Effetto quasi immediato delle opere di bonifica fu l'aumento della redditività del suolo, che perdurò fino ai primi del '700, ma nella seconda metà del secolo fu Antonio Greppi a risollevare le sorti di queste terre introducendovi la coltura del riso.

Palazzo Greppi
Nella frazione di Santa Vittoria si trova questo grande complesso edificato tra il 1770 e il 1775 (il giardino e le costruzioni annesse vennero ultimati nel 1783) dalla famiglia dei Conti Greppi di Milano, i quali avevano ricevuto dagli Estensi in questa zona una tenuta agricola di notevoli dimensioni, che organizzarono e resero efficiente e produttiva.
Risulta evidente la posizione centrale che il Palazzo occupa rispetto all'abitato: la sua edificazione e la sua mole hanno condizionato la nascita e poi la conformazione dell'intera frazione di S.Vittoria, negandole la possibilità di una piazza ed affermando una situazione di "possesso" signorile.
Nel momento di maggior sviluppo dell'azienda il palazzo assunse la funzione di casa dei salariati e di luogo di ammasso e di lavorazione di determinati prodotti, funzioni divise dalla presenza, al centro, dell'abitazione padronale e del giardino privato.
La costruzione della fabbrica, frutto di diversi e a volte disomogenei interventi attuati in un decennio, fu sempre improntata ad un principio strettamente economico (motto del Greppi fu: "bello che nulla costa"): progettista del disegno originario fu Marliani, dilettante di architettura ma esperto di risaie. Il progetto, in seguito a pesanti critiche, fu poi preso in mano dal Piermarini, dal Tarabusi e dal Bolognini. L'inserimento dei frontoni, tardivo, rappresenta il nuovo status del proprietario, conte dal 1778.
Costruito da tre corpi principali il modello architettonico rammenta, all'apparenza, quello delle grandi ville venete; ma l'originalità di Palazzo Greppi è costituita dall'accostamento delle funzioni produttive legate alla campagna con le caratteristiche della residenza signorile, il che lo avvicina al modello delle corti chiuse delle cascine lombarde e piemontesi.
La facciata situata di fronte alla Chiesa Parrocchiale si è resa ancor più severa dopo la demolizione (1832) dello scalone esterno e della terrazza pensile e la perdita del colore rosso e delle decorazioni. La distruzione del giardino all'italiana (opera del bolognese Pagani) é invece avvenuta nel XX° secolo. Del giardino parte importante era l'Aranciaia, fonte di entrate per il Greppi, che ne vendeva i frutti.
Dal cortile interno si possono distinguere tre parti ben definite dell'edificio: il corpo centrale, con gli appartamenti nobili, sale di rappresentanza ed un magnifico con un gioco di sporgenze costituite dalla balconata in ferro battuto e decorazioni dei primi dell'800, ripulite e restaurate.
L'ala di ponente ha un doppio loggiato sul quale si aprono ampie stanze utilizzate forse come deposito delle scorte agricole; l'ala di levante ha un loggiato come quella di ponente; i restanti locali erano adibiti a cantine, depositi ed alloggi per il fattore ed i familiari. Le decorazioni dell'interno vennero in gran parte eseguite da Giovanni Morini e soprattutto dal gualtierese Giovanni Sogliani, che abbellì il salone Greppi, da considerarsi come precoce esempio reggiano di decorazione neoclassica. Nel salone si conserva un camino in marmo, del Bolognini, sul quale era collocato probabilmente uno specchio. Da segnalarsi la presenza di porte ed infissi originari, e la scala d'accesso al salone.
Nel 1974 l'Amministrazione Comunale acquistò Palazzo Greppi e recuperò l'edificio, che ormai era in stato di abbandono.

La chiesa di Santa Vittoria
Sorge prospiciente a Palazzo Greppi.
Fu riedificata come è attualmente insieme al campanile nel 1683, sulle rovine della primitiva costruzione della fine del 1500, voluta prima da Cornelio, poi da Ippolito Bentivoglio a conclusione delle opere di bonifica sul territorio.
La chiesa è dedicata a Santa Vittoria, martirizzata nel 253 e omonima della moglie di Ippolito. La facciata è divisa in tre parti da cornicioni sporgenti, le prime due scandite da lesene di colore più scuro rispetto alla facciata, l'ultima è un frontone arrotondato nella cui sommità poggia una croce. La semplicità dell'esterno rispecchia l'interno sobrio, in stile rinascimentale, a navata centrale con a lato sei altari. Entrando, a destra si trova la cappella dedicata alla santa, con altare in marmo. Qui si trovava fino al periodo napoleonico, momento in cui se ne persero le tracce, una pala dello Schedoni, poi sostituita. Santa Vittoria è riprodotta a metà busto, in legno decorato con oro e argento, in stile barocco; alla base della scultura una teca di vetro custodisce la reliquia della santa, dono del Cardinale Vicario di Roma all'Arcidiacono di Guastalla (1647). Il campanile, staccato dalla chiesa, è a pianta quadrata e ornato da lesene. Fu costruito nel 1722 dopo l'abbattimento del preesistente, reso pericolante dall'alluvione del 1705. La sagrestia data al 1720, il coro al 1741. In seguito ad altre alluvioni e soprattutto al terremoto del 1832, la chiesa fu nuovamente modificata. L'alluvione del 1951 causò il crollo della navata e la perdita di molti arredi.

Ponte Portine
Questo ponte risalente alla seconda metà del '700 si trova a S. Vittoria, sul torrente Crostolo, ed è il più antico del gualtierese. E' in mattoni cotti, a tre fornici. Il nome deriva probabilmente dalle "paratoie" che poste perpendicolari al corso del Torrente ne alzavano il livello dell'acqua, essenziale per il funzionamento del molino, sito nelle vicinanze. Il ponte costituiva una posizione strategica: un tempo vi passava l'antica via Domorum de Boscho e consentiva il transito dalla pianura alla collina e viceversa.

Aree Naturalistiche: riserva Naturale Orientata dei "Caldaren"
La riserva è ricca di specie vegetali e animali. All'inizio del XX° secolo la zona fu utilizzata per rifornire di argilla una fornace mediante una teleferica dotata di piccoli contenitori (i "caldarén"). Con la sospensione dell'attività estrattiva si è sviluppato qui un rigoglioso manto di specie arboree anche rare. L'area si estende per circa 13 ettari e costituisce un habitat naturale per l'avifauna. Vi si trovano esemplari quali l'Airone cinerino, la Nitticora, la garzetta, la folaga, la gallinella d'acqua, donnole, ricci, volpi...

Museo Antonio Ligabue, Donazione Tirelli-Trappetti

Palazzo Bentivoglio é sede di due importanti musei: il "Museo Documentario e Centro Studi Antonio Ligabue" e la "Donazione Umberto Tirelli-Trappetti".

Il primo é stato istituito nel 1988, si trova nella Sala di Giove e raccoglie materiale bibliografico e iconografico del pittore, un autoritratto di recente acquisizione, fotografie, incisioni, stampe e sculture che celebrano la sua figura e dà la possibilità di visionare filmati originali sull'artista.
La Donazione Umberto Tirelli é visibile nella Sala di Icaro.
Umberto Tirelli nacque a Gualtieri nel 1928, lavorò per la sartoria "Finzi", fornitrice di costumi della Scala di Milano, per la "SAFA" e poi creò la "Sartoria Tirelli", che ha servito clienti come Visconti, Truffaut, Strehler, De Filippo, Fellini, Bertolucci, Angelopulos, Pasolini, Valli, Callas, Zeffirelli, Palazzo Pitti, il Louvre... Alla sua morte lasciò al Comune più di 50 opere di artisti famosi in esposizione permanente: Balthus, Guttuso, Clerici, Mazzacurati.

Aree Naturalistiche: riserva Naturale Orientata dei "Caldaren"
La riserva è ricca di specie vegetali e animali. All'inizio del XX° secolo la zona fu utilizzata per rifornire di argilla una fornace mediante una teleferica dotata di piccoli contenitori (i "caldarén"). Con la sospensione dell'attività estrattiva si è sviluppato qui un rigoglioso manto di specie arboree anche rare. L'area si estende per circa 13 ettari e costituisce un habitat naturale per l'avifauna. Vi si trovano esemplari quali l'Airone cinerino, la Nitticora, la garzetta, la folaga, la gallinella d'acqua, donnole, ricci, volpi...

APERTURA AL PUBBLICO DI PALAZZO BENTIVOGLIO (SALE E MUSEI):
Per informazioni su giorni e orari di apertura di Palazzo Bentivoglio si consiglia di rivolgersi a Fondazione Museo Antonio Ligabue tel 0522 221853.

siti utili:

www.viaggioagualtieri.it 

www.museo-ligabue.it

www.terredipoedeigonzaga.it